China Moses

Intervista

China Moses, questione d’energia

 

La genesi è quella di una stella, brillantissima, nata da altre luminose stelle. Dalla madre Dee Dee (Bridgewater) ha ereditato la voce, dal padre Gilbert il cognome (Moses) e vita di cinema e teatro.
I prossimi 24 e 25 giugno (ore 21:15, Stage Papa Joe’s), Jazz Ascona riapre le porte alla franco-americana China Moses, di ritorno con nuovo repertorio, nuova band (Luigi Grasso, sax alto, “Level” Neville Malcom, basso e Jose Joyette, batteria) e un elemento di continuità, il pianista Raphaël Lemonnier già al suo fianco nell’edizione 2010 per un tributo a Dinah Washington.
Esordi soul e R&B, salde radici blues e jazz, un piede nel rock pesante e molto altro (conduttrice, doppiatrice), mentre Ascona si avvicina China ci concede alcune anticipazioni, e qualche ricordo d’infanzia…

Crescere in una casa di artisti: musica, immagini, persone…

Il ricordo più vivido è un semplice consiglio di mia madre: “fai il massimo con quello che hai”, che è esattamente quello che sto facendo. Quanto alla musica, Prince, e il mio primo ascolto di “Darling Nikki”, in segreto, nascondendo la cassetta da mia madre. Ricordo la prima volta che guardai “Willie Dynamite”, diretto da mio padre, che scrisse anche la musica con Jay Jay Johnson. E’ strano come da bambini non ci si renda conto di quanto grandi siano i tuoi genitori. Quando avevo 10 anni mia madre mi portò a vedere James Brown, per il quale avevamo dei pass. Camminavamo backstage ed ecco che arriva James: si ferma e urla “Dee Dee!”. Io li guardo abbracciarsi e dico tra me e me “caspita, ma chi non conosce mia madre?…”.

Dee Dee, in percentuali: madre, amica, insegnante, artista…

Dal mio punto di vista, Dee Dee Bridgewater è: 50% madre, 30% amica, 20% insegnante, e 100% artista…

Parlando di radio, hai detto “il microfono è l’amplificatore delle emozioni”. Puoi dire lo stesso della tua voce?

Se il microfono è l’amplificatore, allora la voce è il messaggio, e l’anima è l’emozione.

La musica mi fa sentire viva, il pubblico mi fa sentire a casa. Credo stia tutto nel cercare di trovare il tuo posto sulla terra e fortunatamente la musica mi ha aperto le sue braccia e mi ha aiutato sin da bambina.

Un primo disco a 15 anni, inciso in Svezia, e poi Parigi, il mondo, ma anche tanta Svizzera…

L’Europa è stata buona con me, e la Svizzera un posto meraviglioso per crescere musicalmente, che sia la parte tedesca, italiana o quella francese, espressioni diverse di una terra così efficiente. Davvero non pensavo esistesse al mondo un posto così bello.

Alarash è un’altra tua band, fusione tra jazz, blues e heavy-metal che continua…

Il blues è la base della musica popolare, quindi non è difficile passare dal blues tradizionale agli standard jazz fino ad una band metal. D’altra parte, se svuoti una canzone e la suoni acustica, potresti non essere in grado di dire di che genere si tratti. E poi c’è sempre stato un rocker in me, non puoi essere fan di Tina Turner, Bette Davis e Grace Jones senza essere un rocker nel cuore, è tutta una questione di energia…

Un lavoro recentissimo e un nuovo album in vista…

Ho pubblicato l’EP “Whatever” a marzo, disponibile su Spotify, iTunes e stores digitali. A settembre il nuovo album, che considero un punto di partenza del mio essere autrice, compositrice e cantante. E’ un lavoro che affonda radici nella black music americana, dentro il quale ci sono groove e tessuti sonori diversi. Ma l’obiettivo che si siamo dati, io e il mio produttore Anthony Marshall, è stato di scrivere canzoni, e non solo groove e riff.

Che succederà ad Ascona?

Raphaël Lemonnier sarà con me di nuovo, per condividere il mio mondo. Suoneremo molto dal nuovo repertorio, ma anche da quello che abbiamo in comune. Ci si deve aspettare molto soul, molto blues e “all that jazz”! Divideremo questi due mondi con la mia nuova band, condotta da un fantastico sassofonista, Luigi Grasso. La sezione ritmica è inglese.

A proposito di Lemonnier, la vostra partnership sembra eterna. C’è un segreto?

Sì, grandi quantità di champagne…