Intervista a Wayne Bergeron
Wayne Bergeron è un trombettista americano famoso, uno dei più apprezzati, versatili e richiesti session man in circolazione. Ha lavorato in oltre 500 colonne sonore di film celeberrimi come Toy Story, Frozen, Il Re Leone, Superman Returns, South Park, La La Land, e registrato con star del jazz e della pop music come Ray Charles, Green Day, Beyoncé, Christina Aguilera, Barbra Streisand, Michael Bublé, Natalie Cole, Celine Dion, Seal, Diana Krall, Dianne Reeves, Quincy Jones e tantissimi altri. Insomma un pezzo grosso, che a JazzAscona suonerà come special guest nella Big Band dell’esercito svizzero. Quando lo incontriamo al Collegio Papio per un’intervista sta provando una serie di accordi, appartato in un’aula scolastica…
©JazzAscona – Photo credit Gioele Pozzi
Dunque anche per Wayne Bergeron gli esercizi sono una pratica quotidiana…
Ogni trombettista deve praticare giornalmente, anche solo un’oretta. Conosco pochissime persone che possano farne a meno. Ci si può prendere un giorno o due di pausa, va bene, ma non di più perché poi mi ci vuole tempo per recuperare…
Wayne, come ti sei avvicinato al jazz?
In seconda media, nella band scolastica, con un insegnante che era un ottimo trombettista e jazzista. È stato lui ad avvicinarmi al jazz e a darmi le prime lezioni di tromba. E ci faceva ascoltare e suonare un sacco di musica diversa, di stili diversi. È stata una fantastica palestra. Poi la cosa è continuata al liceo. Devo davvero ringraziare quegli insegnanti.
Già allora eri dotato…
Sì, me la cavavo. Come trombettista avevo un registro alto naturale. Prendevo le note alte insomma. Proprio quello che ci vuole per fare la prima tromba.
Possiamo dire che il punto di svolta per la tua carriera di musicista è stato quando sei diventato la prima tromba nella band di Maynard Ferguson?
Sì in un certo senso. Non è che lavorassi a tempo pieno per Ferguson, però la cosa mi aiutò. Sai come vanno in quei casi. La gente ti sente suonare, comincia a conoscerti, la voce inizia a girare e improvvisamente ti chiamano per far parte di altre band. E così progredisci, ottieni concerti migliori. Se suoni bene e sei una persona per bene e affidabile riesci a cogliere le opportunità quando si presentano. L’importante è essere preparati.
Qui si sente che sei anche un insegnante, perché ti piace insegnare vero?
Sì mi piace e penso di essere abbastanza bravo. Non lo ero, poi negli ultimi quattro anni ho avuto parecchi problemi, prima un cancro al collo, poi un problema al labbro causato da un intervento dentistico e in entrambi i casi ho dovuto smettere e ricominciare. Le difficoltà, quando le devi affrontare ti possono far crescere e puoi uscirne rafforzato. Oggi sento di essere un insegnante migliore di quanto non lo fossi 5 anni fa.
È incredibile la quantità di star della musica pop e jazz con cui hai suonato in sala d’incisione, così come la lista delle colonne sonore che hai registrato. Possiamo definirti principalmente un session man?
È esattamente il mestiere che faccio. Viaggio anche, faccio degli show dal vivo, in particolare con big band, però principalmente lavoro in studio d’incisione a Los Angeles, dove vivo. Registro specialmente musiche per film, da 35 anni in qua. Ho registrato più di 500 colonne sonore, ma altri mie colleghi più del triplo. In passato c’era più lavoro. Quando sono entrato io nel business il mercato già si stava restringendo. Sono comunque sempre abbastanza occupato.
Fra tutte le star incontrate in sala d’incisione chi ti ha impressionato di più?
1’50 Forse Sammy Nestico, il celebre compositore e arrangiatore di Count Basie, un artista che conoscevo sin dai primi studi al liceo e che è stato importante per la mia crescita musicale. Sono stato assunto per fare una recording session con Mel Tormé e lì ci siamo incontrati la prima volta, abbiamo fatto amicizia e siamo rimasti amici fino alla sua morte. Negli anni abbiamo fatto tante registrazioni assieme. Poi lui scriveva anche per artisti pop come Christina Aguilera, ed è così sono entrato anche in quel giro.
E fra tutte le colonne sonore ce n’è una a cui sei più affezionato?
Sono orgoglioso di aver partecipato al nuovo West Sisde story di Spielberg. È un progetto che mi sta a cuore per varie ragioni, a cominciare dal fatto che uno dei miei insegnanti suonò la prima tromba nel film originale del 1961. Quella di Bernstein poi è anche una musica difficile e suonarla con la New York Philharmonic diretta da Gustavo Dudamel è stata una bella soddisfazione.
Che cosa serve per essere un buon session man?
La cosa più importante è essere stilisticamente versatili, conoscere bene la musica. Se qualcuno ti chiede di suonare nello stile di Miles Davis devi saperlo fare, se devi fare jazz anni 40 devi saperlo fare. Io fortunatamente ho avuto degli insegnanti che mi hanno preparato bene. Sono bravo un po’ in tutti gli stili e la mia specialità è suonare la prima tromba.
©JazzAscona – Photo credit Gioele Pozzi
Torniamo alla musica dal vivo. In un’intervista hai detto che la tua più grande passione è suonare la prima tromba in una big band…
Sì perché tutto è iniziato da lì. Sin da giovane me la cavavo bene nel ruolo di prima tromba. Non mi considero un grande improvvisatore, un grande solista, ma so suonare alto, possiedo un’ampia gamma di sonorità, sono bravo a imitare il suono di un Louis Armstrong, di un Chet Baker e altri grandi. Sai, nella vita ognuno può fare tante cose diverse, ma c’è sempre qualcosa che sa fare meglio. Nel mio caso suonare musica commerciale (che sia funk, rock, o il jazz delle big band) e fare la prima tromba. Poi è anche questione di scegliere la musica che ti riesce meglio. Non mi metto a suono pezzi con accordi difficili come Giants Steps di Coltrane ma faccio piuttosto dei Minor Blues, dove so di poter dare il meglio di me stesso.
Poi suonare in big band significa esibirsi live, davanti a un pubblico, una cosa molto differente rispetto a una sala d’incisione…
Esattamente. Mi piace il contatto con i musicisti e col pubblico, l’atmosfera dei concerti. Suono da anni in varie formazioni come la Gordon Goodwin’s Big Phat Band, popolarissima in America, e a volte anche con orchestre di studenti, come l’anno scorso con i ragazzi della Stanford qui ad Ascona. Mi piace aiutarli, motivarli, trascinarli. È più difficile che suonare con i professionisti, lì devi solo suonare la tua parte, ma è divertente.
Chi sono i trombettisti che più ami?
Domanda difficilissima, ce ne sono così tanti! Le mie prime influenze sono state Herb Alpert, ascoltavo la sua musica sui cd dei miei genitori, poi Al Hirt grande trombettista dixieland di New Orleans, più tardi Maynard Ferguson che ha avuto una grande influenza su di me. Citerei ancora Clifford Brown e Freddie Hubbard, ascoltare il quale mi spinse a studiare l’improvvisazione. E per quanto riguarda i contemporanei sicuramente Till Brönner, che è probabilmente il mio trombettista preferito. Poi fuori dai trombettisti e includendo anche l’ambito pop metterei Stevie Wonder, il musicista che metto al primo posto in assoluto.
Non hai menzionato Miles Davis
Naturalmente c’è anche lui…
Suonerai la sua tromba esposta qui ad Ascona?
La sua tromba? Qui ad Ascona? Dove?
Sì, l’iconica Moon & Stars che fu commissionata e poi suonata da Miles negli anni 80. È esposta al Blue LLama Terrace, nella tenda principale sul lungolago…
Oh allora andrò a vederla! A proposito di Miles, devo confessare che al primo approccio non mi piacque per niente. Ero al liceo e il docente ci fece ascoltare Bitches Brew, un album completamente diverso da tutto quello che aveva fatto prima Miles. Lo detestai, mi sembravano un’accozzaglia di rumori. È divertente: l’ho ascoltato di recente, a decenni di distanza e devo dire che mi ha impressionato.
Ai ragazzi che si avvicinano alla musica che consiglio daresti?
A volte i ragazzi mi chiedono: come posso fare soldi? Cosa devo fare per diventare famoso? Io gli rispondo che non è la domanda giusta da fare. Prima uno deve chiedersi: come posso suonare bene uno strumento? e considerare che prima di tutto la musica è divertimento, piacere. Quindi datti da fare, esercitati, e se vuoi vivere di musica devi imparare a fare tante cose. Vuoi fare jazz? Ok fallo, non diventerai ricco; vuoi diventare un musicista di classica? Forse un giorno suonerai in un’orchestra sinfonica, più probabilmente suonerai in un’orchestra locale. Se vuoi fare soldi devi essere davvero bravo ed essere versatile e saper fare una cosa al volo, senza ripetizioni perché magari ti ingaggiano all’ultimo momento per un’emergenza. È così che ti fai una reputazione. Ovviamente non c’è niente di sbagliato nel voler inseguire i propri sogni, a voler diventare il prossimo Miles Davis e dar vita alla musica che nessuno ha mai ascoltato prima. Ma è meglio prepararsi anche un piano B e mai dimenticarsi di creare delle solide basi, imparare tante cose. E farlo perché si ha il piacere di farlo e per diventare una persona più ricca, che ha qualcosa da condividere con chi l’ascolta.
©JazzAscona – Photo credit Gioele Pozzi