Steve Masakowski

Intervista

 

Mr. Masakowski, come la cultura e la musica hanno contribuito alla rinascita della città dopo il devastante passaggio dell’uragano Katrina? In particolare, come è stato coinvolto in questo difficile processo nella sua doppia veste di musicista e di professore universitario?

Non c’è alcun dubbio che gli effetti di Katrina siano stati devastanti per New Orleans così come per la cultura musicale della città. L’uragano ha costretto praticamente tutti gli abitanti ad evacuare la città. Le famiglie che si trovavano nelle zone più basse dell’area metropolitana hanno, ovviamente, sofferto di più a causa delle inondazioni. C’è voluto lo sforzo congiunto di molte di quelle persone sfollate, tra cui c’erano anche musicisti di spicco, e un lasso di tempo considerevole per potere rientrare nella case; per alcuni il rientro non è stato possibile.

Per quanto riguarda la mia famiglia, sebbene la nostra casa sia stata gravemente danneggiata, per nostra fortuna non è stata sommersa, quindi siamo stati in grado di tornare in città circa un mese dopo il disastro. Placata la tempesta, ho fatto parte di un gruppo ristretto di musicisti jazz, una manciata, per la verità, che ha partecipato ai primi concerti in due importanti locali storici della scena musicale cittadina, lo “Snug Harbor” e il “Maple Leaf.”  Ricordo molto bene quando ho guidato fino a “Snug Harbor” con l’intera città sprofondata nel buio a causa della mancanza di elettricità. Era uno scenario piuttosto spaventoso ed inquietante perché, allora, ancora non era permesso girare in macchina per le strade di notte. Ma quando ho svoltato l’angolo che dava sulla Frenchmen Street, un’unica luce era lì a segnalare la presenza dello “Snug Harbor.” Posso dire che che quel momento è stato momento molto emozionante per me, e rimane a testimonianza della volontà del proprietario di “Snug”, George Brumat, di riaprire il club al più presto, infischiandosene del numero dei presenti – erano davvero pochi, a momenti li si poteva contare sulle dita di una mano ed erano tutti della zona, in grado di raggiungere il locale.

Come docente della University of New Orleans poi, ti confesso che è stata una notevole sfida affrontare la situazione post Katrina. Ci siamo fatti letteralmente in quattro per rimanere in contatto con i nostri studenti che erano sparsi per il paese e per aiutarli a essere temporaneamente accolti e seguiti dagli atenei degli stati circostanti. Inoltre, il Conservatorio di Rotterdam in seguito a Katrina ha generosamente accolto ed ospitato numerosi studenti.

Mi potrebbe descrivere brevemente la scena musicale contemporanea di New Orleans?

L’attuale scena musicale di New Orleans è molto vivace. C’è un grande numero di musicisti creativi in città, musicisti che si dedicano a tutti i generi di musica, dal genere tradizionale a quello moderno; dal jazz d’avanguardia per finire addirittura con il “gypsie jazz.” E c’è in giro anche un sacco di musica blues, funk e art rock. New Orleans è e sarà sempre una mecca per tutti i tipi di musica.

Com’è rispetto ad altre collaborazioni che ha avuto nel corso della sua lunga carriera lavorare con sua figlia e suo figlio? 

All’inizio, come forse è naturale, ho sentito che il mio ruolo era più quello di un insegnante e di un mentore. Ma appena Sasha e Martin sono cresciuti, hanno cominciato a camminare con le loro gambe e in autonomia e tutti e due hanno scelto e sviluppato i loro percorsi musicali, percorsi che dal jazz li hanno portati ad esplorare l’art rock, l’elettronica e l’ethic folk. Oggi debbo confessarti che le sfide che entrambi mi lanciano sono un grande stimolo per migliorarmi. Imparo io da loro. Comunque, quando ci ritroviamo a suonare insieme, cosa che amiamo particolarmente, lo facciamo sempre nel segno del jazz.

Forse chiedo troppo: come vedi il jazz nel prossimi dieci anni?

Beh, penso che se riesci a non guardare il jazz come una “cosa” ma piuttosto come a un modo di “fare qualcosa”, otterrai una migliore comprensione di come il jazz sappia sviluppare così tante diramazioni e stili. Tutti gli elementi e le occasioni di contaminazione con ciò che è esterno, elementi che aiutano a plasmare  la musica e il suono e a farli evolvere e mutare sono ancora molto presenti a New Orleans così come lo erano all’epoca in cui il jazz mosse i primi passi. Quindi unisci virtuosismo, improvvisazione collettiva, un senso acuto del ritmo, il blues e delle menti creative, e otterrai gli ingredienti giusti per suonare il jazz. Per quanto concerne il futuro, vedo un gran numero di musicisti dotati di uno spiccato talento: a loro è affidato il compito di saper costruire su ciò che si è fatto in passato e fare evolvere la musica jazz verso nuovi e creativi orizzonti.